Il 13 Maggio 2001 Silvio Berlusconi vince le elezioni e torna a Palazzo Chigi. Molte cose sono cambiate rispetto al 1994, l'anno della sua "discesa in campo". Al Quirinale non siede più Oscar Luigi Scalfaro, ma - da 1999 - Carlo Azeglio Ciampi, eletto anche con i voti del centrodestra ( contrarie soltanto la Lega e Rifondazione comunista ) in seguito a uno dei tanti accordi bipartisan che hanno costellato il quinquennio dell'Ulivo. Nel 1994 il Cavaliere era, almeno personalmente, intonso di accuse. Nel maggio del 2001 è un pluri-imputato con un cumulo impressionante di carichi pendenti: la prescrizione in Cassazione per la tangente di AllIberia a Craxi; la prescrizione in appello per le mazzette alla Guardia di Finanza; l'indagine non ancora archiviata a Caltanissetta per le stragi di Capaci e via d'Amelio [ uccisione Falcone e Borsellino ]; l'inchiesta aperta in Spagna per Telecinco; cinque processi in corso: tre per falso in bilancio ( Lentini, All Iberian 2, consolidato Fininvest ) e due per corruzione atti giudiziari ( Sme-Ariosto e Lodo Mondadori ). Mai, nella storia dell'Occidente industrializzato, un personaggio in queste condizioni ha potuto soltanto pensare di candidarsi alla guida del governo del suo Paese. Un personaggio al quale la Corte d'assise d'appello di Caltanissetta dedica un intero capitolo della sentenza - depositata il 23 giugno 2001 - che condanna 39 boss di Cosa nostra ( di cui 29 all'ergastolo ) per la strage di via d'Amelio. Un capitolo intitolato "I contatti fra Salvatore Riina e gli on.li Dell'Utri e Berlusconi", nella sezione dedicata a "I moventi" dell'eccidio che costò la vita a Paolo Borsellino. Un capitolo in cui si scrive, fra l'altro, che Cosa nostra intrecciò con Berlusconi e Dell'Utri "un rapporto fruttuoso, quanto meno sotto il profilo economico"; che per anni il gruppo Berlusconi versò alla mafia "regalie" sotto forma di "consistenti somme di denaro" ; che all'incasso provvedeva inizialmente Vittorio Mangano, il fattore della villa di Arcore [ Residenza famosa di Berlusconi ], finchè dagli anni Novanta Totò Riina decise di gestire il rapporto in prima persona ...
lunedì 31 marzo 2008
Silvio Berlusconi
domenica 30 marzo 2008
Giuseppe Fava
Giuseppe Fava è stato una delle tante vittime di Cosa Nostra, un personaggio, un giornalista che ha passato la sua vita alla lotta alla mafia.
« Io ho un concetto etico del giornalismo. Ritengo infatti che in una società democratica e libera quale dovrebbe essere quella italiana, il giornalismo rappresenti la forza essenziale della società. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza della criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, tiene continuamente allerta le forze dell'ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo. »
(Pippo Fava. Lo spirito di un giornale. 11 ottobre 1981)
sabato 29 marzo 2008
Chi voterà Marco Travaglio
Chiunque segua SERIAMENTE la politica non può non conoscere Marco Travaglio. Forse il più bravo e serio giornalista italiano. L'unico che ha sempre il coraggio di denunciare quello che succede in Italia, infatti mi chiedo ancora come faccia ad essere vivo... . Divenuto famoso per l'intervista a Satirycon ( programma di Daniele Luttazzi, censurato dal cosidetto "editto bulgaro" di Berlusconi ) dove riportò per la prima volta in televisione le verità sul Cavaliere. Riporto sotto la famosa intervista:
venerdì 28 marzo 2008
Olimpiadi a Pechino
Credo che le olimpiadi in Cina siano da boicottare, non è possibile svolgere dei giochi in un paese dove le libertà fondamentali vengono a mancare. Il Tibet è stato invaso nel 1949 - 1950 e da li ha perso la sua sovranità e il suo governo è dovuto esiliarsi in India.
« Noi, popoli delle Nazioni Unite, decisi a salvare le future generazioni dal flagello della guerra, che per due volte[1] nel corso di questa generazione ha portato indicibili afflizioni all'umanità, a riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell'uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nella uguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne e delle nazioni grandi e piccole [...] »
(dal preambolo dello statuto delle Nazioni Unite[2])
Vi inviti a guardare questo video delle Iene: VIDEO IENE
giovedì 27 marzo 2008
Articolo Travaglio
Se in Italia le Authority fossero una cosa seria, ce ne vorrebbe una per la tutela delle parole. Contro gli abusi e le torsioni che subiscono, contro l'immondo mercato che le trasforma in merci buone per tutti gli usi. Esempio: si discute sull'opportunità o meno di nominare Di Pieto ministro della Giustizia, dopo che Veltroni ha detto alla Bignardi che non se ne parla proprio. Ciascuno può pensarla come gli pare, purchè – possibilmente - argomenti il suo pensiero. Non è questo il caso di Polito che ha dichiarato al QN: «Di Pietro ministro di Giustizia in un governo del Pd è inimmaginabile: è come se, sul versante opposto, pensassero a Previti ministro della Giustizia. Previti e Di Pietro sono i due estremi di una guerra tra politica e magistratura, alla quale il Pd si propone di mettere fine». Concentriamoci sulle parole «Previti», «Di Pietro», «estremi», «guerra». Previti è un pregiudicato, condannato definitivamente a 7 anni e mezzo per corruzione giudiziaria, avendo pagato alcuni giudici per comprare due sentenze: la prima procurò all'amico Rovelli un risarcimento non dovuto di 1.000 miliardi dallo Stato; la seconda procurò all'amico Berlusconi la Mondadori, sottratta al proprietario De Benedetti. Di Pietro è un ex pm, noto per aver condotto con alcuni colleghi la più importante indagine anticorruzione della storia d'Europa, facendo condannare 1200 colletti bianchi e salvando il Paese dalla bancarotta finanziaria e morale. Fra Di Pietro non s'è mai occupato di Previti, essendosi dimesso dal pool nel dicembre '94, mentre le indagini sulle toghe sporche iniziarono nell'estate '95. In che senso i due sarebbero gli «estremi di una guerra fra politica e magistratura»? Quale guerra? Dichiarata da chi? Combattuta, vinta, persa, pareggiata da chi? Negli Usa il governatore di New York è l'ex procuratore Rudolph Giuliani, noto per le sue indagini sulla mafia e i colletti bianchi di Wall Street (vedi film con Michael Douglas), che fece arrestare in gran quantità: a qualcuno è mai venuto in mente di paragonarlo ai suoi ex-imputati, di dire che questi e quello sono gli «estremi di una guerra tra mafia/alta finanza e magistratura»? Totò direbbe: «Ma mi faccia il piacere, parli come bada». Sullo stesso tema si esercita un altro gigante del pensiero, Boselli, quello che usa Gesù come testimonial per far rieleggere De Michelis e Bobo Craxi: «Di Pietro è il simbolo della giustizia spettacolo, non può fare il Guacdasigilli». Che significa «giustizia spettacolo»? Di Pietro partecipò forse a show televisivi ai tempi di Mani Pulite? Mai visto in tv, mai dato interviste ai giornali (salvo una, molto generica, a Biagi). Giustizia spettacolo è quella di Cogne, Rignano, Erba, Perugia, Garlasco, cioè dei processi celebrati in tv: Di Pietro i suoi li faceva in aula, infatti i colpevoli venivano scoperti e condannati. Boselli dica che Di Pietro non gli piace perchè ha fatto condannare i suoi migliori amici e lui non se n'è ancora riavuto. Ma che senso ha vaneggiare di «giustizia spettacolo»? Il fatto è che, quando si parla di giustizia, chi non ha argomenti innesta il pilota automatico e dà fiato alla bocca con le solite frasi fatte senza senso. Don Gelmini, imputato di molestie sessuali su dieci ragazzi, ha così commentato la richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla Procura di Temi: «È il risultato della tempesta mediatica che ha accompagnato I'inchiesta». Ma l'inchiesta non è stata accompagnata da alcuna tempesta mediatica, visto che se n'è saputo qualcosa solo quand'era finita. I giornali ne hanno scritto per la notorietà dell'indagato e per la gravità delle accuse: ma questa si chiama cronaca giudiziaria, non tempesta mediatica. E non può essere la causa dell'indagine, visto che è venuta dopo: è l'effetto. Così come la richiesta di rinvio a giudizio è l'effetto dell'indagine, non della cronaca giudiziaria. Sergio Romano, che sulla giustizia non ne ha mai azzeccata una, si arrampica sugli specchi del Corriere a proposito degli evasori in Liechtenstein: a suo avviso c'è stata una «reazione giustizialista di una parte dell'opinione pubblica». Che significa «reazione giustizialista»? E, di grazia, quale sarebbe la reazione appropriata del cittadino che paga le tasse anche per i furboni che occultano il bottino a Vaduz? Dovrebbe chiamare i furboni per complimentarsi? O scrivere ai giudici perché non li disturbino? Ci faccia sapere.